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Agevolato l’acquisto di immobili destinati agli occupanti di aree baraccate

25 Agosto 2022 da Teleconsul Editore S.p.A.

Fornite le modalità di applicazione del regime agevolato di cui all’art. 32, co. 2, D.P.R. n. 601/1973 agli atti di acquisto degli immobili da destinare agli occupanti delle aree baraccate (Agenzia Entrate – risposta 25 agosto 2022, n. 434).

L’art. 32, co. 2, D.P.R. n. 601/1973 (rubricato “Edilizia economica e popolare”), dispone che “gli atti di trasferimento della proprietà delle aree previste al titolo III della L. n. 865/1971 e gli atti di concessione del diritto di superficie sulle aree stesse sono soggetti all’imposta di registro in misura fissa e sono esenti dalle imposte ipotecarie e catastali. Le stesse agevolazioni si applicano agli atti di cessione a titolo gratuito delle aree a favore dei comuni o loro consorzi nonché agli atti e contratti relativi all’attuazione dei programmi pubblici di edilizia residenziale di cui al titolo IV della medesima legge L’edilizia residenziale oggetto dei programmi pubblici è quella c.d. ” sovvenzionata”, ossia realizzata dai soggetti previsti nella legge n. 865 del 1971 direttamente o indirettamente con fondi pubblici, per la creazione a costi ridotti di abitazioni da assegnare, a condizioni economiche particolarmente favorevoli, a cittadini con redditi bassi o che si trovino in condizioni economiche disagiate.
È invece esclusa dall’agevolazione di cui all’art. 32:
– l’edilizia “convenzionata”, ovvero quella diretta a far acquisire la proprietà della casa, per specifiche categorie di persone, attraverso prezzi calmierati in base a convenzioni stipulate con i comuni;
– l’edilizia “agevolata”, finalizzata alla costruzione di alloggi da destinare a prima abitazione, realizzata da privati con finanziamenti messi a disposizione dallo Stato o dalle Regioni, a condizioni di particolare favore, e con contributi in conto interessi e a fondo perduto.

In considerazione di quanto premesso, dato anche il tenore del cit. art. 32 che fa riferimento ad “atti e contratti relativi all’attuazione dei programmi pubblici di edilizia residenziale”, devono ritenersi inclusi nel perimetro agevolativo in esame anche gli atti di acquisto, da privati da parte dell’Agenzia, di immobili da destinare ad alloggi finalizzati alla realizzazione di un programma di edilizia sovvenzionata.

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L’operatore UE in regime di piccole imprese esclude l’acquisto intracomunitario

24 Agosto 2022 da Teleconsul Editore S.p.A.

Gli acquisti di beni effettuati da un soggetto Iva italiano in regime forfettario presso un operatore di un altro Stato membro sottoposto al regime delle piccole imprese non si considerano acquisti intracomunitari, in quanto si tratta di operazioni rilevanti ai fini Iva nello Stato membro di origine (Agenzia Entrate – risposta 23 agosto 2022 n. 431).

Ai sensi dell’art. 38, co. 5, lett. d), D.L. n. 331/1993, conv. dalla L. n. 427/1993 “non costituiscono acquisti intracomunitari:… d) gli acquisti di beni se il cedente beneficia nel proprio Stato membro dell’esonero disposto per le piccole imprese”.
Il regime speciale delle piccole imprese, concesso dalla Direttiva 2006/112 agli Stati membri entro determinate soglie di esonero, prevede modalità semplificate di imposizione e riscossione dell’imposta per le operazioni attive da esse effettuate. Pertanto, non sono considerate cessioni intracomunitarie le cessioni di beni da esse effettuate nei confronti di altri operatori stabiliti in altro Stato membro.
Allo stesso modo, ai sensi del comma 5, lettera d), del citato art. 38, non sono considerati acquisti intracomunitari le operazioni riguardanti i beni acquistati da qualsiasi operatore italiano, qualora il proprio cedente benefici nel suo paese di tale regime.
Come chiarito dalla circolare n. 26/E del 21 giugno 2010, nel caso di un soggetto passivo d’imposta italiano che effettua acquisti di beni presso un operatore di altro Stato membro sottoposto al regime delle piccole imprese, il soggetto passivo italiano non effettua l’acquisto intracomunitario, in quanto si deve supporre che trattasi di operazione rilevante ai fini IVA nello Stato membro di origine.

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ARAN – CCNQ: definita la composizione delle Aree di Contrattazione Collettiva Nazionale

24 Agosto 2022 da Teleconsul Editore S.p.A.

In data 10 agosto 2022, tra l’ARAN e le Confederazioni Sindacali, si è sottoscritto il Contratto Collettivo Nazionale Quadro per la definizione della composizione delle aree di contrattazione collettiva nazionale di cui all’art. 7 del CCNQ 3 agosto 2021

Campo di applicazione
Il presente CCNQ, nel dare attuazione alla previsione di cui all’art. 7, co. 2 del precedente CCNQ del 3 agosto 2021, definisce la composizione delle Aree aree di contrattazione collettiva nazionale di cui al citato art. 7.

Aree dirigenziali
I dirigenti delle amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, co. 2 del DLgs 30 marzo 2001, n. 165 disciplinati dai contratti collettivi nazionali relativi al rapporto di lavoro pubblico, ivi compresi quelli di livello dirigenziale generale, ove previsti dai relativi ordinamenti, i segretari comunali e provinciali e i professionisti già ricompresi nelle precedenti aree dirigenziali, sono aggregati, fermo restando quanto stabilito dall’art. 74, co. 3 del DLgs 150 del 2009, nelle seguenti autonome aree di contrattazione collettiva:

A) Area delle Funzioni centrali:
comprende i dirigenti delle amministrazioni del comparto delle Funzioni Centrali di cui all’art. 3 del CCNQ 3/8/2021, ivi inclusi i dirigenti delle professionalità sanitarie del Ministero della Salute di cui all’art. 2 della legge 3 agosto 2007 n. 120, i professionisti già ricompresi nelle precedenti aree dirigenziali, i dirigenti di cui all’art. 5, comma 1, punto VI del CCNQ 3/8/2021.

B) Area delle Funzioni locali:
comprende i dirigenti delle amministrazioni del comparto delle Funzioni Locali di cui all’art. 4 del CCNQ 3/8/2021, i dirigenti amministrativi, tecnici e professionali delle amministrazioni del comparto Sanità di cui all’art. 6 del CCNQ 3/8/2021, nonché i segretari comunali e provinciali.

C) Area dell’Istruzione e della ricerca:
comprende i dirigenti delle amministrazioni del comparto Istruzione e ricerca di cui all’art. 5 del CCNQ 3/8/2021.

D) Area della Sanità:
comprende i dirigenti medici, veterinari, odontoiatri e sanitari delle amministrazioni del comparto Sanità di cui all’art. 6 del CCNQ 3/8/2021, ivi compresi i dirigenti delle professioni sanitarie di cui all’art. 6 della legge 10 agosto 2000, n. 251, con esclusione dei dirigenti amministrativi, tecnici e professionali.

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Rimborso Iva e cessione d’azienda: chiarimenti dal Fisco

24 Agosto 2022 da Teleconsul Editore S.p.A.

L’Agenzia delle Entrate, con la risposta 24 agosto 2022, n. 432 ha fornito chiarimenti sul soggetto legittimato a presentare la richiesta di rimborso Iva in ipotesi di cessione d’azienda.

La cessione di un ramo d’azienda è un’operazione straordinaria nella quale si determina una situazione di continuità tra i contribuenti interessati.
Al riguardo, l’art. 16, co. 11, lett. a), L. n. 537/1993, prevista per le operazioni di scissione ed applicabile anche per le cessione di ramo d’azienda secondo quanto chiarito dal Fisco, stabilisce che gli obblighi e i diritti derivanti dall’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto, relativi alle operazioni realizzate tramite le aziende o i complessi aziendali trasferiti, sono assunti dalle società beneficiarie del trasferimento.
Ne consegue che, nelle ipotesi di cessione d’azienda o di uno o più rami aziendali, che abbiano comportato l’estinzione del soggetto dante causa, il cessionario deve assolvere tutti gli adempimenti, agli effetti dell’IVA, successivi alla data di cessione.

Con tale successione, il cedente può presentare la domanda di rimborso dell’IVA non dovuta, accertata definitivamente, entro due anni dalla restituzione, in via civilistica, al cessionario e/o committente. In particolare, per motivi di cautela fiscale e per evitare un indebito arricchimento del cedente/prestatore, il rimborso dell’IVA indebitamente versata è strettamente collegato alla restituzione al cessionario/committente di quanto erroneamente addebitato ed incassato a titolo di rivalsa. I due anni entro i quali presentare la richiesta di rimborso dell’IVA non dovuta decorrono, infatti, dal momento in cui avviene la restituzione al cessionario/committente della medesima somma da lui versata per effetto di

accertamento definitivo.

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Dal 1° settembre comunicazioni semplificate per prestazioni di lavoro in modalità agile

24 Agosto 2022 da Teleconsul Editore S.p.A.

Dal 1 settembre 2022, il datore di lavoro comunica in via telematica al Ministero del lavoro i nominativi dei lavoratori e la data di inizio e di cessazione delle prestazioni di lavoro in modalità agile (Comunicato Ministero lavoro 23 agosto 2022).

Con la modifica si prevede la riformulazione della rubrica dell’articolo 23 della legge 22 maggio 2017 e del primo comma della medesima disposizione.

Il precedente obbligo di comunicazione dell’accordo individuale sarà sostituito quindi, con decorrenza dal 1° settembre, da una mera comunicazione dei nominativi dei lavoratori e della data di inizio e di cessazione delle prestazioni di lavoro in modalità agile, da trasmettersi in via telematica al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
E’ un primo passo con il quale si rendono più semplici gli obblighi di comunicazione relativi al lavoro agile anche alla luce dell’esperienza maturata durante la pandemia e si risponde ad una specifica richiesta fatta dalle parti sociali nel Protocollo nazionale sul lavoro in modalità agile per il settore privato sottoscritto dal Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali e dalle parti sociali il 7 dicembre 2021.
L’esigenza di semplificazione degli obblighi di comunicazione nasce dalla necessità di rendere strutturale una procedura già ampiamente sperimentata nel periodo emergenziale in considerazione di un sempre maggiore utilizzo di questa modalità di svolgimento del lavoro. In questo modo si snelliscono le procedure per i datori di lavoro e non si aggravano gli uffici ministeriali di adempimenti amministrativi ritenuti non necessari.

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Servizi sostitutivi di mensa aziendale e app come mezzo di pagamento

23 Agosto 2022 da Teleconsul Editore S.p.A.

L’Agenzia delle Entrate con la risposta 22 agosto 2022 n. 430 ha fornito chiarimenti sull’individuazione della corretta aliquota IVA da applicare al servizio sostitutivo di mensa aziendale fornito per il tramite di un App e dei Ristoranti affiliati a tale circuito.

A riguardo, come più volte chiarito in diversi documenti di prassi, per verificare se una somministrazione di alimenti e bevande ai dipendenti sia riconducibile alla categoria dei servizi sostitutivi di mensa aziendale piuttosto che alle altre tipologie in cui può essere resa (ad esempio, ticket restaurant o mensa diffusa) occorre aver riguardo non solo alle modalità attraverso le quali la prestazione viene resa, ma anche alla presenza di eventuali convenzioni tra i partecipanti al contratto di somministrazione di alimenti e bevande.

Nel caso di specie, l’App incorpora un credito, utilizzato dal dipendente per pagare la consumazione presso il ristorante convenzionato, nel giorno e ora, preferiti, nei limiti ovviamente del credito precostituito dal datore di lavoro.

L’App funge da strumento di pagamento e non dà alcun diritto autonomo ad ottenere la somministrazione di alimenti o bevande.

La suddetta fattispecie non può essere quindi ricondotta l’operazione nell’ambito delle discipline della mensa diffusa e dei servizi sostitutivi di mensa aziendale, non sussistano i presupposti per l’applicazione dell’aliquota IVA agevolata al 4% prevista dal n. 37) della Tabella A, parte II, del Decreto IVA, bensì quelli per l’applicazione dell’aliquota IVA del 10% di cui al n. 121) della Parte III della medesima Tabella.

I ristoranti quindi fattureranno alla Società le consumazioni dei Collaboratori applicando l’aliquota IVA del 10%.

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Farmacie Private – Fondo Sanitario Fasifar: prime informazioni

23 Agosto 2022 da Teleconsul Editore S.p.A.

Le Parti firmatarie del CCNL Farmacie Private informano che è stato costituito il Fondo Contrattuale di Assistenza Sanitaria FASIFAR

“FASIFAR è il Fondo Contrattuale di Assistenza Sanitaria, previsto dal Contratto Nazionale di settore, e costituito dalle Organizzazioni sindacali e Federfarma, per le lavoratrici e i lavoratori delle farmacie private, farmacisti e non farmacisti.”

È la comunicazione fornita dalle Parti.

“In attesa della piena operatività, i lavoratori potranno chiedere le prestazioni sanitarie, per il tramite della Cassa Reciproca sms, che potrà rimborsare le prestazioni anche arretrate a far data dal 1° novembre 2021, mentre si potrà usufruire delle prestazioni da effettuare nelle strutture della rete Unisalute, presenti in tutte le realtà territoriali, se l’azienda si registrerà nel portale di Reciproca sms, e sarà in regola con i versamenti a suo carico, condizione indispensabile per attivare le coperture sanitarie integrative.

L’iscrizione dei lavoratori alla Cassa Reciproca sms, e quindi a Fasifar, e i conseguenti versamenti contributivi dal mese di novembre del 2021, rappresentano un obbligo contrattuale a carico dei titolari delle farmacie. Obbligo che tutela contrattualmente i lavoratori e fornisce la copertura sanitaria a tutti i dipendenti.”

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Bonus affitti: via libera dal Fisco per i canoni versati entro il 29 agosto 2022

23 Agosto 2022 da Teleconsul Editore S.p.A.

È possibile fruire del credito per canoni di locazione ad uso non abitativo ed affitto d’azienda, con riferimento alle mensilità per cui i canoni risultino versati entro il 29 agosto 2022, in considerazione delle prospettabili difficoltà interpretative della misura di sostegno individuate in sede europea, che all’origine includeva i canoni di locazione pagati entro il 30 giugno 2022 (Agenzia Entrate – risposta 12 agosto 2022 n. 426).

L’art. 28 del Decreto Rilancio (D.L. n. 34/2020, conv. con modif. in L. n. 77/2020), al fine di contenere gli effetti negativi derivanti dalle misure di prevenzione e contenimento connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19, ha previsto un credito d’imposta per i canoni di locazione degli immobili a uso non abitativo e affitto d’azienda al sussistere di determinati requisiti soggettivi ed oggettivi.

Con la circolare n. 14/E del 2020, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che per potere fruire del credito, è necessario che il canone sia stato corrisposto; nel caso in cui il canone non sia stato corrisposto, la possibilità di utilizzare il credito d’imposta resta sospesa fino al momento del pagamento. Inoltre, il documento di prassi ha ulteriormente precisato che ai fini della determinazione del credito d’imposta è necessario considerare le somme effettivamente versate e che al fine di dimostrare l’avvenuto pagamento, i soggetti beneficiari, in assenza di un’espressa previsione normativa sul tema, devono rispettare i principi ordinari previsti per il riconoscimento degli oneri ai fini della deduzione dal reddito d’impresa (articolo 109 del TUIR), per ciascuna tipologia di soggetto tenendo conto delle proprie regole di determinazione del reddito d’impresa, avendo cura di conservare il relativo documento contabile con quietanza di pagamento.

Ciò premesso, si rammenta che l’agevolazione si applica nel rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dalla Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020 C(2020) 1863 final “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19”, come modificate con la Comunicazione C(2021) 8442 del 18 novembre 2021. In particolare, questa misura è stata autorizzata dalla Commissione europea con la decisione C(2022) 3099 final del 6 maggio 2022 ed in conformità a quanto disposto, il credito d’imposta può essere riconosciuto solo per i canoni di locazione pagati entro il 30 giugno 2022.

Pur tuttavia, in considerazione delle difficoltà che potrebbero aver incontrato i destinatari della presente misura agevolativa nell’individuare il corretto ambito di applicazione della Comunicazione della Commissione Europea, l’Agenzia delle entrate, a mezzo di una Faq pubblicata sul proprio sito, ha ritenuto di poter considerare validi ai fini del riconoscimento del credito d’imposta anche i canoni versati oltre il 30 giugno 2022 ma entro il 29 agosto 2022, in applicazione dell’art. 3 co. 2, dello Statuto dei diritti del contribuente.

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Requisiti di iscrizione nel RUNTS delle ODV e APS: sospesi i termini di verifica

23 Agosto 2022 da Teleconsul Editore S.p.A.

Per il periodo dal 1° luglio 2022 al 15 settembre 2022 sono sospesi i termini dei procedimenti di verifica della sussistenza dei requisiti necessari per l’iscrizione nel RUNTS (Registro unico nazionale del Terzo settore) delle ODV (organizzazioni di volontariato) e delle APS (associazioni di promozione sociale) coinvolte nel processo di trasmigrazione. Tali procedimenti hanno avuto inizio il 22 febbraio 2022 e hanno una durata di 180 giorni, salve le sospensioni e interruzioni dei termini previste dal D.M. n.106/2022 nonché, da ultimo, dalla predetta novella legislativa.

 

Se alla data del 30 giugno il procedimento è pendente senza che sia stata formulata alcuna richiesta istruttoria da parte dell’ufficio del RUNTS, il computo dei termini si arresta al 30 giugno e riprenderà il 16 settembre.
Laddove alla data del 30 giugno 2022 risultano formulate richieste istruttorie da parte degli uffici del RUNTS, ugualmente per gli enti destinatari di tali richieste, i termini previsti dall’articolo 31 del D.M. n. 106/2022 entro cui fornire riscontro si sospendono per ricominciare a decorrere a partire dal 16 settembre 2022.
Relativamente alle richieste istruttorie formulate dagli uffici del RUNTS nel periodo 1° luglio 2022-15 settembre 2022, il computo del termine di riscontro da parte degli enti comincerà a decorrere dal 16 settembre 2022.
E’ comunque fatta salva la facoltà per l’ente di fornire i riscontri o gli elementi richiesti durante il periodo di sospensione legislativa, senza effetti su quest’ultima.
Inoltre, l’articolo 26-bis del medesimo D.L. n. 73/2022 ha posposto al 31 dicembre 2022 il termine entro il quale le ODV, le APS e le ONLUS iscritte nei previgenti registri possono ricorrere alle modalità e alle maggioranze previste per le deliberazioni dell’assemblea ordinaria per apportare ai propri statuti le modifiche necessarie ad adeguarli al Codice del Terzo settore ((Comunicato Ministero lavoro 22 agosto 2022).

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È soggetto passivo IVA il non residente con domicilio fiscale in Italia

22 Agosto 2022 da Teleconsul Editore S.p.A.

Ai fini Iva è considerato alla stregua di un soggetto residente, il non residente con domicilio fiscale in Italia (Agenzia Entrate – risposta 16 agosto 2022 n. 429).

La normativa nazionale attribuisce la natura di soggetto passivo IVA a colui che, nell’esercizio d’impresa, arti o professioni, effettua le cessioni di beni o le prestazioni di servizi rilevanti nel territorio dello Stato.

Con particolare riferimento alle prestazioni di servizi, l’articolo 7, comma 1, del decreto IVA, alla lettera d) prevede, ai fini IVA, che “per soggetto passivo stabilito nel territorio dello Stato si intende un soggetto passivo domiciliato nel territorio dello Stato o ivi residente che non abbia stabilito il domicilio all’estero, ovvero una stabile organizzazione nel territorio dello Stato di soggetto domiciliato e residente all’estero, limitatamente alle operazioni da essa rese o ricevute. Per i soggetti diversi dalle persone fisiche si considera domicilio il luogo in cui si trova la sede legale e residenza quello in cui si trova la sede effettiva”.

In linea generale, dunque, chi presta attività professionale si considera soggetto passivo IVA in Italia se:

– è domiciliato in Italia, anche se residente all’estero;

– è residente in Italia e non è domiciliato all’estero;

– è domiciliato o residente all’estero ma possiede una stabile organizzazione in Italia,

con la conseguenza, che, in presenza di uno di questi elementi, le prestazioni rese si considerano, in linea generale, effettuate in Italia.

Ai fini della definizione dei concetti di residenza e domicilio, il Ministero delle Finanze con la circolare n. 304 del 2 dicembre 1997, ha chiarito che l’aver stabilito il domicilio civilistico in Italia ovvero l’aver fissato la propria residenza nel territorio dello Stato sono condizioni sufficienti per l’integrazione della fattispecie di residenza fiscale, indipendentemente dall’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente.

Risulta quindi evidente che:

– è irrilevante l’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente ai fini dell’individuazione del soggetto passivo d’imposta in Italia;

– la residenza è intesa quale res facti, poiché non può prescindere dall’insistere sul luogo, con relativa stabilità, del soggetto e l’elemento intenzionale assume rilevanza secondaria;

– il domicilio è, invece, definito res iuris in quanto situazione giuridica caratterizzata dalla volontà di stabilire e conservare in un determinato luogo la sede principale dei propri affari ed interessi.

Nel caso di specie, la circostanza che nel territorio italiano venga costituito il domicilio fiscale, pur in presenza della residenza in un paese terzo (Regno Unito) non è di ostacolo a considerare l’istante quale soggetto passivo di imposta alla stregua di un soggetto residente. Peraltro, poiché il soggetto in questione non svolge, nel paese di residenza, così come rappresentato nella richiesta, alcuna attività professionale o imprenditoriale, nel modello AA9/12, presentato ai sensi dell’articolo 35 del decreto in materia IVA, dovrà indicare il domicilio fiscale ossia il luogo ove sarà svolta l’attività lavorativa, al fine di dotarsi di una partita IVA ordinaria.

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