Studio Vannucchi & Associati

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Edilizia – Circolare Ance Padova Treviso: riconoscimento dell’E.V.R.

11 Aprile 2022 da Teleconsul Editore S.p.A.

In attuazione di quanto previsto dal vigente CCNL Edilizia Industria e di quanto disposto dall’Accordo territoriale del 15/12/2021 per le province di Padova Treviso e Vicenza, è stata disposta la determinazione e l’erogazione dell’Elemento Variabile della Retribuzione ai lavoratori del settore per l’anno 2022

Il giorno 28 marzo 2022, Ance Padova e Assindustria Veneto Centro – Sezione autonoma ANCE, (come riportato nella circolare n. 34 del 5/4/2022) congiuntamente con le rispettive Organizzazioni sindacali territoriali, sulla base dei dati degli indicatori forniti dalla Cassa Edile Interprovinciale Veneto – C.E.I.V., hanno proceduto alle verifiche e determinazioni previste dal citato dall’accordo territoriale 15 dicembre 2021 relativamente all’E.V.R. di competenza 2021 da corrispondere nel 2022, per il territorio delle province di Padova e Treviso.
In particolare, è stato accertato che, ai sensi di quanto previsto dall’accordo territoriale 15 dicembre 2021 citato, ci sono i presupposti per il riconoscimento dell’E.V.R. di competenza 2021 per il territorio delle province di Padova e di Treviso, che verrà corrisposto dalle imprese, previa verifica a livello aziendale sulla base di due indicatori aziendali, nella misura oraria corrispondente:

– al 4% dei minimi mensili di paga in vigore al 1° settembre 2020 divisi per il coefficiente 173 (Valori orari dell’EVR riportati nelle Tabelle 1), qualora dalla verifica aziendale le variazioni dei due indicatori aziendali risultino entrambe pari o positive (entrambi pari; uno pari e uno positivo; entrambi positivi);

– al 2,6% dei minimi mensili di paga in vigore al 1° settembre 2020 divisi per il coefficiente 173 (Valori orari dell’EVR riportati nelle Tabelle 2), qualora dalla verifica aziendale la variazione pari o positiva interessi solo uno degli indicatori aziendali.

L’E.V.R. da corrispondere è pari al valore orario moltiplicato per il numero di ore ordinarie effettivamente lavorate ed equiparate nel 2021 (con un massimo di 173 ore mensili).

TABELLA 1 – Operai e Impiegati

Livelli

EVR Orario

7Q0,41
70,41
60,37
50,31
40,29
30,27
20,24
10,21

TABELLA 2 – Operai e Impiegati

Livelli

EVR Orario

7Q0,27
70,27
60,24
50,20
40,19
30,17
20,16
10,13

Gli importi dell’E.V.R. saranno corrisposti a consuntivo in unica soluzione con la retribuzione del mese di competenza di agosto 2022, o in caso di cessazione del rapporto di lavoro nei mesi da aprile 2022 a luglio 2022, con la retribuzione di competenza del mese di cessazione del rapporto di lavoro.
Le imprese non corrisponderanno l’E.V.R. se le variazioni dei due indicatori aziendali risultino entrambe negative.

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Risarcimento per perdita di chance da demansionamento: recupero ritenute fiscali

11 Aprile 2022 da Teleconsul Editore S.p.A.

Con la Risposta n. 185 dell’8 aprile 2022, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che il risarcimento del danno per demansionamento, connesso alla “perdita di chance”, non ha natura reddituale, pertanto su tali somme non vanno operate le ritenute fiscali. In caso di restituzione al lavoratore di ritenute indebitamente applicate, le somme versate all’Erario possono essere recuperate dal datore di lavoro nel Modello 770.

Nel caso esaminato dall’Agenzia delle Entrate, il datore di lavoro è stato condannato dal Tribunale a risarcire il dipendente per il danno alla sua professionalità quale conseguenza del demansionamento. L’importo stabilito dal tribunale a titolo di risarcimento del danno è stato determinato in via equitativa.
Sull’importo liquidato a titolo di risarcimento del danno il datore di lavoro ha operato e versato le ritenute fiscali.
Su precetto del lavoratore, che ha rivendicato l’esenzione delle somme, il datore di lavoro gli ha corrisposto l’importo equivalente alle ritenute fiscali operate.
Si chiede, dunque, se sia corretta l’esenzione fiscale di tali somme e in che modo sia possibile recuperare le ritenute versate all’Erario.

In merito al trattamento fiscale delle somme corrisposte a titolo di risarcimento danni, la disciplina di riferimento distingue in ragione della funzione risarcitoria: “lucro cessante” o “danno emergente”.
In particolare, devono essere ricondotte a tassazione le indennità corrisposte a titolo risarcitorio, sempreché le stesse abbiano una funzione sostitutiva o integrativa del reddito del percipiente; in altri termini sono imponibili le somme corrisposte al fine di sostituire mancati guadagni (cd. “lucro cessante”) sia presenti che futuri del soggetto che le percepisce.
Non assumono rilevanza reddituale, invece, le indennità risarcitorie erogate al fine di reintegrare il patrimonio del soggetto, ovvero al fine di risarcire la perdita economica subita dal patrimonio (cd. danno emergente).

In tema di demansionamento, occorre distinguere il danno patrimoniale, derivante dall’impoverimento della capacità professionale del lavoratore o dalla mancata acquisizione di maggiori capacità, con la connessa “perdita di chances” (possibilità di guadagno), da quello non patrimoniale, comprendente sia l’eventuale lesione dell’integrità psico-fisica del lavoratore, accertabile medicalmente, sia il danno esistenziale, da intendersi come ogni pregiudizio di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabile, che alteri le sue abitudini e gli assetti relazionali propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto all’espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno, sia infine la lesione arrecata all’immagine professionale ed alla dignità personale del lavoratore.

Il risarcimento per “perdita di chances” conseguente a demansionamento non è soggetto a imposizione fiscale ai fini IRPEF, in quanto non rappresenta alcuna reintegrazione di reddito patrimoniale non percepito, ma piuttosto il risarcimento del danno alla professionalità e all’immagine derivato dal demansionamento. In particolare, non sono imponibili le somme che trovino titolo nella necessità di ristorare la perdita delle cosiddette “chance professionali”, ossia connesse alla privazione della possibilità di sviluppi o progressioni nell’attività lavorativa. Secondo la giurisprudenza la “perdita di chance” da demansionamento configura un danno attuale e risarcibile (consistente non in un lucro cessante, bensì nel danno emergente da perdita di possibilità attuale), a condizione che il soggetto che agisce per il risarcimento ne provi, anche secondo un calcolo di probabilità o per presunzioni, la sussistenza.
A tal fine, la perdita di chance può essere dedotta, ad esempio, dall’esercizio di un’attività soggetta ad una continua evoluzione, e comunque caratterizzata da vantaggi connessi all’esperienza professionale destinati a venire meno in conseguenza del loro mancato esercizio per un apprezzabile periodo di tempo.

Dunque, le somme liquidate a titolo di perdita di chance professionali possono essere correttamente qualificate alla stregua di risarcimento di danno emergente solo ove l’interessato fornisca prova concreta dell’esistenza e dell’ammontare di tale danno. In tal caso, il risarcimento del danno non ha natura reddituale, poiché consiste nel ristoro del danno emergente dalla perdita di una possibilità attuale.
L’eventuale quantificazione del danno facendo ricorso al criterio di valutazione equitativa basato sul maggior stipendio non conseguito, non fa mutare la natura del risarcimento, attesa la funzione meramente quantitativa di tale criterio.

Nel caso esaminato, la sentenza di condanna al risarcimento del danno ha accertato la lesione della capacità professionale del lavoratore, derivante dall’attribuzione di mansioni (archivista) inferiori rispetto a quelle professionalmente spettanti, accertate da una precedente sentenza. Le somme corrisposte al lavoratore, dunque, hanno la funzione di risarcire la lesione della sua capacità professionale; sulla base delle precedenti considerazioni, pertanto, sono da considerarsi non imponibili, in quanto configurabili come danno emergente.
L’Agenzia delle Entrate chiarisce che il recupero delle ritenute indebitamente operate e versate, e poi restituite al lavoratore deve essere effettuato tramite la dichiarazione dei sostituti d’imposta – Modello 770.
Qualora i termini di presentazione del Modello 770 siano decorsi, il recupero deve essere effettuato presentando una dichiarazione integrativa.

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Nuova proroga per gli amministratori per le spese ristrutturazioni/riqualificazione energetica

8 Aprile 2022 da Teleconsul Editore S.p.A.

Ai fini della elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata 2022, per la comunicazione all’anagrafe tributaria dei dati relativi agli interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica effettuati su parti comuni di edifici residenziali, gli amministratori di condominio hanno tempo fino al 19 aprile prossimo (Agenzia delle entrate – Provvedimento 07 aprile 2022, n. 110854).

 

Ulteriore proroga per gli amministratori che devono trasmettere all’Agenzia delle Entrate i dati delle spese sostenute dal condominio per interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica effettuati sulle parti comuni e per l’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici per l’arredo di parti comuni dell’edificio ristrutturato.
Viene ulteriormente estesa, dal 7 aprile al 19 aprile 2022, la finestra temporale utile per l’invio delle comunicazioni delle spese sostenute nel 2021.
La nuova proroga segue il precedente provvedimento del 16 marzo 2022, con il quale l’Agenzia delle Entrate, rinviando dal 16 marzo al 7 aprile il termine per l’invio dei dati, aveva accolto le esigenze manifestate dagli operatori per assicurare la trasmissione di informazioni il più possibile corrette e complete per la predisposizione della dichiarazione precompilata.
L’ulteriore proroga viene prevista senza impatti sul calendario della campagna dichiarativa 2022, considerato che è stata spostata dal 30 aprile al 23 maggio la data a partire dalla quale l’Agenzia rende disponibile la dichiarazione precompilata 2022 relativa all’anno 2021 (legge n. 25/2022).

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Regime impatriati: inclusi i cittadini britannici

8 Aprile 2022 da Teleconsul Editore S.p.A.

L’agevolazione prevista per i lavoratori impatriati di cui all’art. 16, D.Lgs. n. 147/2015 può essere riconosciuta anche ai cittadini britannici in quanto l’accordo Brexit vieta di discriminare i cittadini inglesi sulla base della loro nazionalità e vieta che siano negati ai lavoratori gli stessi vantaggi fiscali concessi agli altri lavoratori comunitari (Agenzia Entrate – risposta 06 aprile 2022 n.172).

Il regime speciale dei lavoratori impatriati è disciplinato dall’art. 16, D.Lgs. n. 147/2015 e per accedere è necessario che il lavoratore:
– trasferisca la residenza in Italia;
– non sia stato residente in Italia nei due periodi d’imposta antecedenti al trasferimento e si impegni a risiedere in Italia per almeno 2 anni;
– svolga l’attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano.

Sono destinatari del beneficio fiscale, inoltre, i cittadini dell’Unione europea o di uno Stato extra UE con il quale risulti in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni o un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale che:
– sono in possesso di un titolo di laurea e abbiano svolto “continuativamente” un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, ovvero
– abbiano svolto “continuativamente” un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post lauream.

L’agevolazione è fruibile dai contribuenti per un quinquennio a decorrere dal periodo di imposta in cui trasferiscono la residenza fiscale in Italia, ai sensi dell’articolo 2 del TUIR, e per i quattro periodi di imposta successivi.
Per accedere al regime speciale, è necessario, inoltre, che il soggetto non sia stato residente in Italia per due periodi di imposta precedenti il rientro.
Detto questo, in relazione al caso di specie, l’Accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione europea e dalla Comunità europea dell’energia atomica (cd “Accordo Brexit”), entrato in vigore a partire dal 1° febbraio 2020, all’art. 12 vieta di discriminare i cittadini inglesi sulla base della loro nazionalità e agli artt. da 24 a 26 vieta che siano negati ai lavoratori di cittadinanza inglese gli stessi vantaggi fiscali concessi agli altri lavoratori comunitari.

Il citato divieto di non discriminazione è coerente con quanto previsto, sul piano fiscale, all’art. 25, par. 1, della Convenzione tra l’Italia ed il Regno Unito per evitare le doppie imposizioni (firmata a Pallanza il 21 ottobre 1988 e ratificata con legge 5 novembre 1990, n. 329) secondo cui: “I nazionali di uno Stato contraente non sono assoggettati nell’altro Stato contraente ad alcuna imposizione od obbligo ad essa relativo, diversi o più onerosi di quelli cui sono o potranno essere assoggettati i nazionali di detto altro Stato che si trovino nella stessa situazione”.

Pertanto, anche ai cittadini del Regno Unito può essere riconosciuta l’estensione per lavoratori impatriati, fermo restando la sussistenda di tutte le condizione richieste per accedervi.

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Siglato accordo di rinnovo del CIPL Edilizia Pavia

8 Aprile 2022 da Teleconsul Editore S.p.A.

Siglato tra l’ANCE della Provincia di Pavia, la CONFARTIGIANATO Imprese Pavia, la CONFARTIGIANATO Imprese Lomellina, la CNA di Pavia, la CLAAI Voghera, la CLAAI Pavia, la CASA, l’Associazione Varzese Artigiani e la FENEAL-UIL, la FILCA-CISL, FILLEA-CGIL, l’accordo di rinnovo considerando le vigenti dispozioni per il contenimento della diffusione dell’epidemia da COVID-19.

Con il suddetto accordo le Parti firmatarie hanno preso atto che con decorrenza 1° gennaio 2022 non sono soggetti a quarantena, ma solo ad auto sorveglianza, i lavoratori asintomatici che abbiano avuto un contatto a rischio:
– dopo aver ricevuto la dose booster di vaccino;
– entro 120 giorni dal completamento del ciclo vaccinale;
– entro 120 giorni dalla guarigione dal Covid-19.
Sono previsti 10 giorni di quarantena, nel caso di contatti con soggetti positivi, per:
– Persone non vaccinate
– persone che hanno avuto contatti a rischio prima che siano trascorsi 14 giorni dal completamento del ciclo vaccinale primario, e cioè dalla ricezione della prima o della seconda dose (a seconda del numero di dosi previste dal vaccino).
– lavoratori che hanno completato il ciclo vaccinale da più di 120 giorni, (che hanno il Green pass valido, se asintomatici possono effettuare una quarantena di soli 5 giorni, che terminerà con un tampone antigenico o molecolare negativo).
Considerato inoltre che dal 1° gennaio 2022, per i lavoratori che hanno avuto contatti con soggetti positivi ai Covid-19 e che devono effettuare la quarantena, non è previsto il riconoscimento dell’indennità di malattia da parte dell’INPS, in quanto non è infatti stata prorogata l’operatività dell’art. 26 co. 1 del DL 18/2020, o Decreto Cura Italia, che equipara i giorni di quarantena a quelli di malattia, e permette al lavoratone di ricevere un’indennità economica dall’INPS.
Le Parti, per supportare i lavoratori e le imprese dei settore che potrebbero essere interessate da eventuali quarantene da covid intendono mettere a disposizione una prestazione straordinaria dedicata che possa garantire sostegno al reddito al lavoratore e un’indennità alle imprese e pertanto, limitatamente al periodo 1 gennaio 2022 – 31 marzo 2022, convengono e stipulano di destinare la somma di € 50.000 accantonata presso la Cassa edile al “Fondo Rischi” al fine di garantire un’idonea prestazione ai lavoratori ed un intervento di sostegno per imprese a seguito di eventuali quarantene dovute a contatti del personale operaio con persone positive ai sensi della normativa vigente.
L’intesa ha previsto, esclusivamente per il periodo da gennaio a marzo 2022 e fino a capienza delle risorse stanziate, un indennizzo giornaliero di € 41,00 (lordi) per il lavoratore inquadrato con la qualifica ‘‘operaio” per un numero massimo di 5 giorni di assenza dovuta a quarantena. Allo stesso modo anche l’impresa, alle cui dipendenze risulta essere in forza il lavoratore, riceverà un indennizzo di pari importo.

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Bonus bebè: il beneficio spetta anche ai cittadini extracomunitari

8 Aprile 2022 da Teleconsul Editore S.p.A.

8 apr 2022 L’Inps ha fornito precisazioni sull’estensione ai cittadini extracomunitari del diritto all’Assegno di natalità (c.d. bonus bebè), conformandosi alla pronuncia della Corte Costituzionale la quale ha dichiarato incostituzionali le norme istitutive del bonus bebè nella parte in cui limitano la concessione della prestazione ai soggetti in possesso del permesso di soggiorno di lungo periodo in UE (messaggio del 7 aprile 2022, n. 1562).

Con particolare riferimento ai requisiti previsti per i cittadini extracomunitari per la fruizione del bonus in argomento, la normativa prevedeva che i medesimi dovessero essere titolari di permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero).
Tuttavia, in virtù del principio della tutela della maternità e dell’infanzia garantiti dalla Costituzione italiana, sulla scorta delle indicazioni vincolanti fornite dal diritto dell’Unione europea in tema di divieto di discriminazioni arbitrarie, sono state sollevate questioni di legittimità costituzionale nei confronti della disciplina istitutiva della misura (Legge di Stabilità 2015, e successive proroghe).
Al riguardo, la Corte Costituzionale, dopo aver rimesso la questione alla Corte di giustizia dell’Unione europea affinché si pronunciasse in via pregiudiziale, alla luce dell’interpretazione da questa fornita, ha rilevato il contrasto con gli articoli 3 e 31 della Costituzione e con l’articolo 34 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e, con la sentenza n. 54/2022, ha dichiarato incostituzionali le norme istitutive del bonus bebè nella parte in cui prevedono, come requisito per l’accesso alla prestazione, la titolarità in capo ai cittadini di Paesi terzi non comunitari del permesso per soggiornanti UE di lungo periodo.
In particolare, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma (art. 1, co. 125, Legge di Stabilità 2015), nella parte in cui esclude dal riconoscimento del diritto all’assegno di natalità i cittadini di Paesi terzi non comunitari che sono stati ammessi nello Stato a fini lavorativi, a norma del diritto dell’Unione o nazionale, e i cittadini dei predetti medesimi Paesi che sono stati ammessi a fini diversi dall’attività lavorativa, a norma del diritto dell’Unione o nazionale, ai quali è consentito lavorare e che sono in possesso di un permesso di soggiorno ai sensi del regolamento (CE) n. 1030/2002.
La Corte ha, inoltre, precisato che la suddetta illegittimità si estende anche alle successive proroghe dell’assegno di natalità vigenti fino al 31 dicembre 2021.
Quanto statuito dalla Corte Costituzionale riguarda, nello specifico, la formulazione della norma in esame nella versione antecedente alle modificazioni introdotte dalla c.d. legge europea 2019-2020, la quale è intervenuta al fine di garantire l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione
In particolare, la novella stabilisce che, ai fini dell’accesso alla prestazione in favore dei cittadini di Stati extracomunitari, si considerano i titolari di permesso di soggiorno di lungo periodo, i familiari titolari di carte di soggiorno, nonché gli stranieri titolari di permesso unico di lavoro autorizzati a svolgere un’attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi e gli stranieri titolari di permesso di soggiorno per motivi di ricerca autorizzati a soggiornare in Italia per un periodo superiore a sei mesi.

Tanto premesso, l’Inps ha specificato che le domande di assegno di natalità presentate dai titolari dei predetti titoli di soggiorno e permessi di lavoro e/o di ricerca, attualmente in fase di istruttoria devono essere accolte, qualora ricorrano i requisiti indicati nella sentenza della Corte Costituzionale e potranno essere accolte, in autotutela, dalle Strutture territoriali competenti le eventuali istanze volte a ottenere il riesame delle domande respinte per la mancanza del requisito del possesso del permesso di soggiorno di lungo periodo.

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Iva: pagamento tasse automobilistiche tramite PagoPA

8 Aprile 2022 da Teleconsul Editore S.p.A.

Il Fisco chiarisce il trattamento ai fini IVA da applicare al servizio di pagamento tasse automobilistiche per il tramite di PagoPA e mandato con rappresentanza (AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 07 aprile 2022, n. 182)

Nella fattispecie esaminata dal Fisco la società istante rappresenta di svolgere principalmente consulenza globale alle aziende, amministrativa e gestionale, che si estrinseca nella fornitura di molteplici servizi.
Tra queste attività è presente quella di gestione globale delle flotte auto aziendali, nell’ambito della quale la Società effettua anche servizi di disbrigo pratiche automobilistiche e consulenza per la circolazione dei mezzi di trasporto, essendo autorizzata a incassare i versamenti delle imposte/tasse automobilistiche, utilizzando il polo telematico predisposto all’uopo da un Consorzio Nazionale cui l’Istante partecipa in qualità di socio consorziato.
Al riguardo, la Società fa presente che l’introduzione della nuova modalità di pagamento “PagoPA” che opera per il tramite di un prestatore di servizi di pagamento (PSP), in genere un istituto bancario o Payment institution, ha notevolmente modificato l’iter operativo gestionale ed amministrativo che l’Istante deve seguire per la gestione delle pratiche auto.
In questo mutato contesto, la Società non opera più come incaricato pubblico al servizio di riscossione bolli (agenzia pratiche auto), bensì come incaricato al servizio di pagamento (esternalizzato per l’attività di incasso fondi) per conto della Payment institution o del suo Agente di Riferimento.
Il cliente versa all’Istante un importo tramite bonifico (anticipato, in caso di “bolli massivi”) a titolo di rimborso delle somme corrisposte (o da corrispondere) dalla Società al PSP, pari all’onere della tassa auto o delle pratiche STA maggiorato della fee del PSP per il servizio di pagamento (costo necessariamente da sopportare per il versamento della tassa automobilistica tramite sistema PagoPA).
L’Istante, infatti, dopo aver inoltrato un elenco contenente le operazioni da effettuare per ciascuna targa e aver pre-calcolato gli importi necessari, dispone un bonifico su un apposito conto dedicato dal PSP, sufficiente per pagare, solitamente in modalità “massiva”, le tasse auto relative a tutti i veicoli della flotta aziendale del proprio cliente nonché i diritti spettanti al predetto PSP (pari a X euro per ciascun bollo).
Il PSP, verificato l’incasso, rende disponibili le somme versate accreditando un apposito castelletto nel servizio “riscossione PagoPA” e consentendo alla Società di processare le tasse auto inerenti la flotta aziendale del suo cliente nonché di ottenere – al termine dell’operazione – la ricevuta/quietanza prodotta dal PSP attestante il versamento della tassa e dei diritti. Ciò rappresentato, l’Istante chiede quale debba essere il corretto regime IVA degli importi che riceve tramite bonifico dal cliente a titolo di rimborso delle somme erogate al PSP a titolo di tassa automobilistica e diritti di utilizzo fee) del sistema PagoPA, spettanti allo stesso PSP.
Il Fisco, a riguardo, chiarisce che sotto il profilo della normativa IVA, l’articolo 15, comma 1, n. 3), del Decreto IVA disciplina il trattamento delle spese che il mandatario riaddebita al mandante nell’ambito di un mandato con rappresentanza. Ai sensi della norma appena richiamata, infatti, non concorrono a formare la base imponibile ” le somme dovute a titolo di rimborso delle anticipazioni fatte in nome e per conto della controparte, purché regolarmente documentate”.
Poiché le operazioni del mandatario non producono alcun effetto per lui, la rifusione delle spese dallo stesso affrontate, non riveste la natura di corrispettivo per un’attività svolta: rappresenta un semplice rimborso/ristoro di un'”anticipazione” da lui fatta nell’esclusivo interesse del mandante. Di conseguenza la somma che il mandante rimborsa al mandatario non è soggetta a IVA e non rientra nel calcolo della base imponibile dell’operazione.
Se dunque il rapporto tra l’Istante e il suo cliente è riconducibile a un mandato con rappresentanza, non concorrono alla formazione della base imponibile – perché escluse dal campo di applicazione dell’IVA – le somme che percepisce dal suo cliente a titolo di rimborso della tassa automobilistica e della fee spettante al PSP.
Resta inteso che se anziché anticipare il denaro per il pagamento della tassa automobilistica, la Società riceve preventivamente la necessaria provvista dal suo cliente, queste somme rappresentano mere movimentazioni di denaro, escluse ugualmente dalla determinazione della base imponibile dell’operazione ai sensi dell’articolo 2, terzo comma, lettera a) del Decreto IVA. Diverso invece il rapporto che la Società instaura con il PSP a favore del quale svolge l’attività di riscossione del bollo auto e nei cui confronti provvederà, come da contratto, a fatturare separatamente il corrispettivo per tale attività in esenzione dall’imposta ex articolo 10 del Decreto IVA.

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Indennità ISCRO 2022: via libera alle domande dal 1° maggio

8 Aprile 2022 da Teleconsul Editore S.p.A.

Dal 1° maggio 2022 l’Inps attiva il servizio di presentazione della domanda di indennità straordinaria di continuità reddituale e operativa (ISCRO) per l’anno 2022 da parte dei liberi professionisti iscritti alla Gestione separata dell’Inps (Messaggio 07 aprile 2022, n. 1569)

In via sperimentale per il triennio 2021-2023, ai lavoratori iscritti alla Gestione separata dell’Inps che esercitano per professione abituale attività di lavoro autonomo, in presenza di specifiche condizioni, è riconosciuta l’indennità straordinaria di continuità reddituale e operativa, denominata ISCRO.

L’indennità è riconosciuta in presenza dei seguenti requisiti:
– non essere titolari di trattamento pensionistico diretto e non essere assicurati presso altre forme previdenziali obbligatorie;
– non essere beneficiari di Reddito di cittadinanza;
– avere prodotto un reddito di lavoro autonomo, nell’anno precedente alla presentazione della domanda, inferiore al 50 per cento della media dei redditi da lavoro autonomo conseguiti nei tre anni anteriori all’anno precedente alla presentazione della domanda;
– avere dichiarato, nell’anno precedente alla presentazione della domanda, un reddito non superiore a 8.145 euro, annualmente rivalutato sulla base della variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati rispetto all’anno precedente;
– essere in regola con la contribuzione previdenziale obbligatoria;
– essere titolari di partita IVA attiva da almeno quattro anni, alla data di presentazione della domanda, per l’attività che ha dato titolo all’iscrizione alla gestione previdenziale in corso;
– essere iscritto alla Gestione separata dell’Inps.

L’accesso alla prestazione ISCRO è ammesso una sola volta nel triennio 2021, 2022 e 2023.

Domanda di indennità ISCRO

La domanda di indennità ISCRO deve essere presentata all’Inps esclusivamente in via telematica, utilizzando i consueti canali messi a disposizione per i cittadini e per gli Istituti di Patronato nel sito internet dell’INPS.
Per l’anno 2022 la domanda può essere presentata a decorrere dal 1° maggio 2022 fino alla data del 31 ottobre 2022.
L’accesso al servizio web offerto dall’Istituto per la presentazione della domanda di indennità ISCRO è consentito esclusivamente con le seguenti credenziali:
– SPID di livello 2 o superiore;
– Carta di identità elettronica 3.0 (CIE);
– Carta nazionale dei servizi (CNS).
In alternativa al portale web, la prestazione ISCRO può essere richiesta tramite il servizio di Contact Center integrato, telefonando al numero verde 803 164 da rete fissa (gratuitamente) oppure al numero 06 164164 da rete mobile (a pagamento, in base alla tariffa applicata dai diversi gestori).

Esclusione

Non possono richiedere l’indennità ISCRO per l’anno 2022:
– i soggetti che hanno già fruito della medesima prestazione per l’anno 2021; le domande eventualmente presentate sono rigettate;
– i soggetti coloro per i quali è intervenuta la decadenza dal diritto all’indennità ISCRO riconosciuta per l’anno 2021.

La domanda per l’anno 2022 può, invece, essere utilmente presentata dai soggetti che non hanno presentato domanda per l’anno 2021, nonché dai soggetti che, pur avendo presentato domanda nel 2021, non hanno avuto accesso alla prestazione perché la domanda è stata respinta e/o la prestazione revocata dall’origine.

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Una tantum CCNL Alimentari – Panificazione Artigianato

8 Aprile 2022 da Teleconsul Editore S.p.A.

  Spetta, con la busta paga del mese di aprile, la seconda e ultima trance di Una Tantum per i dipendenti del CCNL Area Alimentazione-Panificazione.

Ad integrale copertura del periodo di carenza contrattuale, ai soli lavoratori in forza al 6/12/2021 verrà corrisposto un importo forfettario “Una tantum” pari ad euro 140 lordi, suddivisibile in quote mensili, o frazioni, in relazione alla durata del rapporto nel periodo interessato, erogato in due soluzioni: la prima pari ad euro 70 con la retribuzione del mese di febbraio 2022, la seconda pari ad euro 70 con la retribuzione del mese di aprile 2022.
 Agli apprendisti in forza alla data di sottoscrizione del presente accordo sarà erogato a titolo di “Una tantum” l’importo di cui sopra nella misura del 70% con le medesime decorrenze sopra stabilite. L’importo di “Una tantum” è stato quantificato considerando in esso anche i riflessi sugli istituti di retribuzione diretta e indiretta, di origine legale o contrattuale, ed è quindi comprensivo degli stessi.
L'”Una tantum” è esclusa dalla base di calcolo del t.f.r. Secondo consolidata prassi negoziale tra le Parti gli importi eventualmente già corrisposti a titolo di futuri aumenti contrattuali vanno considerati a tutti gli effetti anticipazioni degli importi di “Una tantum” fino a concorrenza. In considerazione di quanto sopra tali importi cessano di essere corrisposti con la retribuzione di novembre 2021

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Il passaggio da banca a SIM comporta il cambiamento del calcolo delle imposte

7 Aprile 2022 da Teleconsul Editore S.p.A.

La società interessata da un’operazione di scissione parziale, che in seguito alla stessa, nel corso del 2022, cesserà l’attività bancaria per intraprendere quella prevalente di intermediazione mobiliare, può determinare l’Ires e l’Irap dovute applicando la specifica disciplina prevista per le società di intermediazione mobiliare (Agenzia Entrate – risposta 06 aprile 2022, n. 179).

Il fatto posto all’attenzione dell’Agenzia delle Entrate riguarda la corretta individuazione delle regole di determinazione dell’imponibile (IRES e IRAP) per il 2022, trattandosi di un’annualità interessata da un’operazione di scissione parziale che determinerà in capo alla società la cessazione dell’attività bancaria e l’avvio di quella di intermediazione mobiliare. Nel merito, va detto che la fattispecie in esame non rientra in alcuna delle ipotesi di “trasformazione” disciplinate dal TUIR, un quanto la società, assumendo la qualifica di SIM, si limita a modificare la propria attività, denominazione e oggetto sociale, continuando ad operare in regime d’impresa ed essendo soggetta alla medesima imposta precedentemente applicata. In esito all’operazione di riorganizzazione, non si produce dunque alcuna modifica soggettiva idonea a legittimare l’applicazione di un diverso regime fiscale, risultando mutate esclusivamente le regole di calcolo dell’imposta (a fini, ad esempio, dell’aliquota IRES, della disciplina degli interessi passivi e dei criteri di determinazione del valore della produzione netta ai fini IRAP).
Va, altresì, rilevato che sotto il profilo civilistico l’operazione di scissione parziale non comporta l’obbligo di redigere un bilancio di chiusura, essendo sufficiente che la società scissa predisponga le scritture contabili di rilevazione del trasferimento patrimoniale in favore della beneficiaria. Secondo l’Agenzia delle Entrate, quindi, non ricorrono nel caso di specie gli estremi che determinano l’interruzione del periodo d’imposta alla data di efficacia della scissione.
La dichiarazione dei redditi relativa all’esercizio 2022 deve essere compilata sulla base del primo bilancio d’esercizio successivo alla scissione, assumendo l’esercizio per la sua durata ordinaria.
Ai fini degli obblighi dichiarativi, occorre pertanto applicare in relazione a tutto il periodo d’imposta le regole di determinazione previste, ai fini IRES e IRAP, per i soggetti bancari ovvero per le SIM sulla base di un criterio di prevalenza dell’attività svolta in corso d’anno, da declinare in termini di entità dei proventi reddituali conseguiti.
Nel rigo RF1, campo 1, del modello di dichiarazione andrà dunque indicato il codice dell’attività svolta in via prevalente, desunto dalla tabella di classificazione delle attività economiche ATECO 2007, consultabile sul sito Internet dell’Agenzia delle entrate www.agenziaentrate.gov.it, nella sezione “Strumenti”, unitamente al volume d’ausilio contenente le note esplicative e le tabelle di raccordo tra i codici ATECOFIN 2004 e ATECO 2007.

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